Seduta sopra una scatola, sola, al buio. Stava. La cucina era nuova. La casa era piccola, piccolissima, per scegliere con cura cosa e chi farci entrare. Disposta su tre piani con scale ripide, ripidissime, per non dimenticarsi che le discese sono difficili almeno quanto le salite. Il luogo più scomodo che avesse mai scelto per vivere. Oltre alle gambe toniche che avrebbe avuto per tutte quelle scale, aveva una piccola terrazza, sul tetto, dalla quale si dominavano i promontori che circondavano la città. Quei profili che mai stancano. Quel promemoria del ritorno. Quel respiro che rilassa. Quel cercare che trova conforto sulla linea che unisce terra e aria. Finito e infinito. Molecole compatte e molecole diluite. Di tutto il resto, a parte la soddisfazione di due chiappe sode, non le importava. Bastava quel rettangolo di cielo suo.
[Flash back]
– Ma se ti dicessi che saremo vicini di casa?
– Quando?
La risposta perfetta. Avrebbe potuto chiederle perché, dove, come mai, con chi, ma chiese solo quando.
Ma stava, quella sera, sola, al buio, sulla scatola. Triste. I pensieri come lago di notte, neri, gelidi e paurosi. Immobili. Di nuovo un cuore impacchettato nelle pagine di un vecchio quotidiano; di nuovo tutta la vita da risistemare in uno spazio nuovo, pur sapendo che l’esistenza è come l’acqua, prende la forma senza mutare la sua struttura e chi pensa che infiocchettando qualcosa che non funziona lo si renda più gradevole, s’inganna. Ma lei non s’ingannava, no. Sapeva che era una mossa Kansas City. Inoltre la speranza era stata lasciata nella vecchia casa, insieme all’allegria, al sonno e a migliaia di preghiere che di sicuro non le avevano fatto male, ma neanche bene. Nulla poteva ora distrarla dalla lucidità. Tra tutte le scatole di cartone piene di ricordi che avrebbe fatto meglio a buttare, ce n’era una di acciaio, chiusa a chiave, grande quanto un pugno, pesante come il piombo. Ma la lasciava chiusa, con i pensieri come lago, quella sera, sulla scatola, sola, triste. Avrebbe almeno potuto accendere la luce, ma non c’era ancora la corrente elettrica allacciata, quindi al buio, stava. Iniziava ad aver fame, ma in quel caos era impossibile anche solo attraversare la stanza perciò pensare di riuscire a mangiare era ridicolo. Proteso il braccio con slancio della schiena, afferrò il casco speleo che vide lì vicino e se lo calcò in testa. Tirata verso il basso la piccola leva, un azzurrognolo fascio di luce diede finalmente forma alle ombre della stanza. Almeno il problema, seppur minore, del buio, era risolto. Luce chiama luce, lo schermo del Nokia si illuminò pochi secondi dopo.
1 MESSAGGIO
•Sei a casa?
•Sì.
•Sono appena passato. Ho riconosciuto la luce del casco. La vuoi la cena?
•Cosa propone lo chef?
•Tortellini.
•Con panna?
•In brodo.
•Essss… bete buoni. Ma li hai preparati tu?
•Baaah.
•Allora portali.
•Maledetta.
•Non ho gas.
•Son già caldi.
•Portati il casco.
•B.
Nessuna vergogna del disordine con lui che condivideva il suo stesso disagio delle quattro mura di cemento. Anzi, la certezza, stupida, che un giorno vivendo insieme si sarebbe tutto rimesso a posto. Stava aprendo per la prima volta la porta di casa al suo primo ospite che, come se fosse tutto normale, saliva la rampa cigolante di scale in legno con in testa un casco speleo e con in mano una scatola di cartone.
– Non bastano quelle che ho qui?
– È il contenuto che fa la differenza.
– La saggia tra i due sono io. Lasciami almeno la convinzione di un ruolo. Non ho neanche i cucchiai. O meglio, potrebbe essere divertente cercarli.
– Dont uorri.
Nella scatola una pentola il cui tappo non era in grado di nascondere il profumo del brodo, due piatti fondi, due cucchiai e una tovaglia verde acido con disegnini bianchi. La tovaglia più bella che potesse ricordare.
– E custa tiaza a sa moda, dedde*?
– Ti piace?
– Fa molto gay. Come te. Diaulu ‘e frosciu*.
Nessun led potrà mai raggiungere i lumen di quel sorriso che riusciva a trasformare un piatto di tortellini in brodo riscaldati e consumati seduti su scatole di cartone nella cena più elegante mai vista nell’intero universospazio. La tentazione di aprire la scatoletta in acciaio era forte, ma la lasciò chiusa, perché con il cuore ancora da spacchettare dal trasloco, la ragione aveva preso il sopravvento. E così la verità non vide mai la luce di quelle labbra distese e quando la vita si portò via la vita uno solo fu l’insegnamento per lei.
Ma di questo te ne parlerà, quando avrai piacere di ascoltare, di fronte ad un piatto di tortellini. Andranno bene anche con la panna.
[▪B.] [▪A noi.]
Note.
*E questa tovaglia alla moda, piccolo?
*Diavolo di un froscio.