La grande nonbellezza.

Non vedere l’ora di vederti e desiderare di non essere vista.
Poterti osservare, di nascosto. Non proprio di nascosto, di fianco. Brutta. Così mi sento in tua presenza. In realtà sempre, ma tu mi sei specchio, post-it, promemoria. Tozza. Gambe grosse. Forti e grosse. Ma non serve la forza. E tutte le altre sono magre, longilinee. E tu che le guardi. Le commentiamo insieme. Non posso che darti ragione: lei è bellissima, l’altra è molto carina, lei è davvero graziosa, ah, poi lei è stupenda. Quando un uomo commenta le donne con un’altra donna.
Far passare quel poco che resta della notte per fare colazione insieme. Ma brutta. La faccia tonda, gli occhi piccoli. I denti storti. Potrei mettermi gli orecchini. Ma non ho i buchi. Potrei farmeli. Brutta. Mi rotolo nel letto cercando di convincermi che non sia così. Domani sarò bella, mi ripeto, carina almeno, dai. Alzarmi, lavarmi al volo per incontrarti prima. Il tempo corre. Poche ore posso stare ad ascoltare la tua rara risata quando ti scompone. Raggiante camminoti incontro, ma appena ti vedo: brutta. Piccola, goffa. Mesi che aspetto e poi mi trovo ad essere così. Così, così… brutta, cazzo.
Allora mi inabisso, un’onda mi ricopre e mi fa bere. Che c’è? Niente, ti dico. Scambierei molto di me con della bellezza. Con qualcosa che ti faccia prendere, no, con qualcosa che ti faccia perdere. La testa.
Sto in acqua. Non esco. Non pensare a me. Non ricordarti di me. Non cercarmi. Potrei restare a mollo il tempo necessario a farmi disciogliere dal sale e sparire. Finalmente avrei la scusa per non dover uscire e mostrarmi. Se fossi seppia mi insabbierei. Spostiamoci, di nuovo. Altra meta. Diochebeiposti, o sei tu che nella tua calma me li versi addosso come una birra amara. Mi fermo in mezzo al canneto. Leggero il vento suona questo bosco di pali cavi. Cava vorrei essere e al tuo passaggio dondolarmi senza occhi. Almeno passeresti dritto, invece mi vedi. Ogni tanto mi guardi, deluso. Mi scorgo nello specchietto. Brutta. Di nuovo sotto la superficie mi estraneo, feroce lotta di animi se zittirmi o mettermi a cantare, mentre rubo linee di spalle. Vorrei invece chiederti seifelicecosatipiacemangiarequaleiltuolibropreferitomiinsegniillatinodachihaipresogliocchimahaiportatolapparecchioaidentitipiacerebbeviverequidaquantotempononspegniiltelefonoseiancorainnamoratoacosanonrinuncerestimaicantiamounacanzoneinsiemesefossiuncolorequalesarestiseimaistatobocciatohaivistoqueldecorosulterrazzinonontipiaceproprionulladime? Il minimo, insomma. Le basi per conoscersi. Ascolta, sai, vorrei. Tirarti da parte, mentre rientriamo, sempre ultimi del gruppo, sempre dietro tutti, sempre accanto. Ma lo so che sono io accanto a te e non tu. Eppure vorrei pinzarti il polso, con l’indice sul naso a suggerirti nella tua sorpresa il silenzio e restare dietro l’angolo. Vorrei. Non immagini. Non senti quanto. Ma son diventata inaspettatamente grande e rispetto e la rispetto senza sapere neanche che faccia abbia. Altrimenti io ti pinzerei il polso e poi l’altro e cercherei il soffice del tuo viso. Mi grattugio il cervello, prendo il macinino per il caffè e ci infilo il cuore, tanto non te lo posso mostrare, apro il cassettino e faccio uscire tutto il sangue, tanto tu vedi solo che son brutta. Allora ti appiccico un bacio sulla guancia e vado in camera. Ma non è un film, non mi inseguirai chiedendomi di restare, no, sono brutta. Un’altra notte appallottolata a farmi uscire spine. Brutta.
Poi niente più. Qui si torna alle solite cose. La verità è che tutto va paggiorando, ma so che c’è un punto in cui tutto finisce. Finirà anche la mia bruttezza. La mia grande nonbellezza. Se solo potessi mostrartelo, il cuore. Ma ormai l’ho passato nel macinino. Allora leggo, cerco di studiare, a colmare quell’immagine che mi deride quando mi lavo i denti. Allora esco, così faccio come te, che non mi pensi. Dai, vi raggiungo per una pizza, va bene. Madonnasonbruttaanchestasera. Ciao a tutti. Maddai, ma non sapevo avessi un bambino così piccolo. È bellissimo. Se non si agita lo tengo un po’ così ti riposi un attimo, ti va? Oh, la lezione di oggi era bellissima, ho faticato alla fine, ma perché ho dormito poco stanotte, ma sai, pensieri, nulla di grave. Tuo figlio è proprio bravo, a parte che è bellissimo. È importante la bellezza, purtroppo, ma lui ne ha in abbondanza, avrà meno difficoltà. Magari soffrirà meno. Unabufualaconorigano, grazie e una birra, amara. Però non tardiamo, altrimenti domattina non riuscirò a svegliarmi e arriverò come sempre in ritardo. Brutta e mai puntuale. Ma come si chiama tuo figlio?

Niccolò.
Ah. Bel nome.

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